"Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto."

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Edward Hopper Sole del mattino

venerdì 18 gennaio 2013

Santa Ildegarda di Bingen dall'Udienza di Papa Benedetto XVI


Il genio femminile nella storia del popolo di Dio



Al genio femminile nella storia del popolo di Dio il Papa ha dedicato la catechesi all'udienza generale di mercoledì mattina, 1° settembre. Durante l'incontro con i fedeli, svoltosi nella piazza antistante il Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo, Benedetto XVI ha presentato la figura di santa Ildegarda di Bingen.



Cari fratelli e sorelle,

nel 1988, in occasione dell'Anno Mariano, il Venerabile Giovanni Paolo II ha scritto una Lettera Apostolica intitolata Mulieris dignitatem, trattando del ruolo prezioso che le donne hanno svolto e svolgono nella vita della Chiesa. "La Chiesa - vi si legge - ringrazia per tutte le manifestazioni del genio femminile apparse nel corso della storia, in mezzo a tutti i popoli e a tutte le nazioni; ringrazia per tutti i carismi che lo Spirito Santo elargisce alle donne nella storia del popolo di Dio, per tutte  le  vittorie  che  essa  deve  alla loro  fede,  speranza  e  carità;  ringrazia per tutti i frutti di santità femminile" (n. 31).

Anche in quei secoli della storia che noi abitualmente chiamiamo Medioevo, diverse figure femminili spiccano per la santità della vita e la ricchezza dell'insegnamento. Oggi vorrei iniziare a presentarvi una di esse:  santa Ildegarda di Bingen, vissuta in Germania nel XII secolo. Nacque nel 1098 in Renania, a Bermersheim, nei pressi di Alzey, e morì nel 1179, all'età di 81 anni, nonostante la permanente fragilità della sua salute. Ildegarda apparteneva a una famiglia nobile e numerosa e, fin dalla nascita, venne votata dai suoi genitori al servizio di Dio. A otto anni, per ricevere un'adeguata formazione umana e cristiana, fu affidata alle cure della maestra Giuditta di Spanheim, che si era ritirata in clausura presso il monastero benedettino di san Disibodo. Si andò formando un piccolo monastero femminile di clausura, che seguiva la Regola di san Benedetto. Ildegarda ricevette il velo dal Vescovo Ottone di Bamberga e, nel 1136, alla morte di madre Giuditta, divenuta Superiora della comunità, le consorelle la chiamarono a succederle. Svolse questo compito mettendo a frutto le sue doti di donna colta, spiritualmente elevata e capace di affrontare con competenza gli aspetti organizzativi della vita claustrale. Qualche anno dopo, anche a motivo del numero crescente di giovani donne che bussavano alle porte del monastero, Ildegarda fondò un'altra comunità a Bingen, intitolata a san Ruperto, dove trascorse il resto della vita. Lo stile con cui esercitava il ministero dell'autorità è esemplare per ogni comunità religiosa:  esso suscitava una santa emulazione nella pratica del bene, tanto che, come risulta da testimonianze del tempo, la madre e le figlie gareggiavano nello stimarsi e nel servirsi a vicenda.

Già negli anni in cui era superiora del monastero di san Disibodo, Ildegarda aveva iniziato a dettare le visioni mistiche, che riceveva da tempo, al suo consigliere spirituale, il monaco Volmar, e alla sua segretaria, una consorella a cui era molto affezionata, Richardis di Strade.Come sempre accade nella vita dei veri mistici, anche Ildegarda volle sottomettersi all'autorità di persone sapienti per discernere l'origine delle sue visioni, temendo che esse fossero frutto di illusioni e che non venissero da Dio. Si rivolse perciò alla persona che ai suoi tempi godeva della massima stima nella Chiesa:  san Bernardo di Chiaravalle, del quale ho già parlato in alcune Catechesi. Questi tranquillizzò e incoraggiò Ildegarda. Ma nel 1147 ella ricevette un'altra approvazione importantissima. Il Papa Eugenio iii, che presiedeva un sinodo a Treviri, lesse un testo dettato da Ildegarda, presentatogli dall'Arcivescovo Enrico di Magonza. Il Papa autorizzò la mistica a scrivere le sue visioni e a parlare in pubblico. Da quel momento il prestigio spirituale di Ildegarda crebbe sempre di più, tanto che i contemporanei le attribuirono il titolo di "profetessa teutonica". È questo, cari amici, il sigillo di un'esperienza autentica dello Spirito Santo, sorgente di ogni carisma:  la persona depositaria di doni soprannaturali non se ne vanta mai, non li ostenta e, soprattutto, mostra totale obbedienza all'autorità ecclesiale. Ogni dono distribuito dallo Spirito Santo, infatti, è destinato all'edificazione della Chiesa, e la Chiesa, attraverso i suoi Pastori, ne riconosce l'autenticità.

Parlerò ancora una volta il prossimo mercoledì su questa grande donna "profetessa", che parla con grande attualità anche oggi a noi, con la sua coraggiosa capacità di discernere i segni dei tempi, con il suo amore per il creato, la sua medicina, la sua poesia, la sua musica, che oggi viene ricostruita, il suo amore per Cristo e per la Sua Chiesa, sofferente anche in quel tempo, ferita anche in quel tempo dai peccati dei preti e dei laici, e tanto più amata come corpo di Cristo. Così santa Ildegarda parla a noi; ne parleremo ancora il prossimo mercoledì. Grazie per la vostra attenzione.



Oggi vorrei riprendere e continuare la riflessione su S. Ildegarda di Bingen, importante figura femminile del Medioevo, che si distinse per saggezza spirituale e santità di vita. Le visioni mistiche di Ildegarda somigliano a quelle dei profeti dell'Antico Testamento:  esprimendosi con le categorie culturali e religiose del suo tempo, interpretava nella luce di Dio le Sacre Scritture applicandole alle varie circostanze della vita. Così, tutti coloro che l'ascoltavano si sentivano esortati a praticare uno stile di esistenza cristiana coerente e impegnato. In una lettera a san Bernardo, la mistica renana confessa:  "La visione avvince tutto il mio essere:  non vedo con gli occhi del corpo, ma mi appare nello spirito dei misteri... Conosco il significato profondo di ciò che è esposto nel Salterio, nei Vangeli e in altri libri, che mi sono mostrati nella visione. Questa brucia come una fiamma nel mio petto e nella mia anima, e mi insegna a comprendere profondamente il testo" (Epistolarium pars prima i-xc:  cccm 91).
Le visioni mistiche di Ildegarda sono ricche di contenuti teologici. Fanno riferimento agli avvenimenti principali della storia della salvezza, e adoperano un linguaggio principalmente poetico e simbolico. Per esempio, nella sua opera più nota, intitolata Scivias, cioè "Conosci le vie", ella riassume in trentacinque visioni gli eventi della storia della salvezza, dalla creazione del mondo alla fine dei tempi. Con i tratti caratteristici della sensibilità femminile, Ildegarda, proprio nella sezione centrale della sua opera, sviluppa il tema del matrimonio mistico tra Dio e l'umanità realizzato nell'Incarnazione. Sull'albero della Croce si compiono le nozze del Figlio di Dio con la Chiesa, sua sposa, ricolma di grazie e resa capace di donare a Dio nuovi figli, nell'amore dello Spirito Santo (cfr. Visio tertia:  PL 197, 453c).
Già da questi brevi cenni vediamo come anche la teologia possa ricevere un contributo peculiare dalle donne, perché esse sono capaci di parlare di Dio e dei misteri della fede con la loro peculiare intelligenza e sensibilità. Incoraggio perciò tutte coloro che svolgono questo servizio a compierlo con profondo spirito ecclesiale, alimentando la propria riflessione con la preghiera e guardando alla grande ricchezza, ancora in parte inesplorata, della tradizione mistica medievale, soprattutto a quella rappresentata da modelli luminosi, come appunto Ildegarda di Bingen.
La mistica renana è autrice anche di altri scritti, due dei quali particolarmente importanti perché riportano, come lo Scivias, le sue visioni mistiche:  sono il Liber vitae meritorum (Libro dei meriti della vita) e il Liber divinorum operum (Libro delle opere divine), denominato anche De operatione Dei. Nel primo viene descritta un'unica e poderosa visione di Dio che vivifica il cosmo con la sua forza e con la sua luce. Ildegarda sottolinea la profonda relazione tra l'uomo e Dio e ci ricorda che tutta la creazione, di cui l'uomo è il vertice, riceve vita dalla Trinità. Lo scritto è incentrato sulla relazione tra virtù e vizi, per cui l'essere umano deve affrontare quotidianamente la sfida dei vizi, che lo allontanano nel cammino verso Dio e le virtù, che lo favoriscono. L'invito è ad allontanarsi dal male per glorificare Dio e per entrare, dopo un'esistenza virtuosa, nella vita "tutta di gioia". Nella seconda opera, considerata da molti il suo capolavoro, descrive ancora la creazione nel suo rapporto con Dio e la centralità dell'uomo, manifestando un forte cristocentrismo di sapore biblico-patristico. La Santa, che presenta cinque visioni ispirate dal Prologo del Vangelo di San Giovanni, riporta le parole che il Figlio rivolge al Padre:  "Tutta l'opera che tu hai voluto e che mi hai affidato, io l'ho portata a buon fine, ed ecco che io sono in te, e tu in me, e che noi siamo una cosa sola" (Pars iii, Visio x:  PL 197, 1025a).
In altri scritti, infine, Ildegarda manifesta la versatilità di interessi e la vivacità culturale dei monasteri femminili del Medioevo, contrariamente ai pregiudizi che ancora gravano su quell'epoca. Ildegarda si occupò di medicina e di scienze naturali, come pure di musica, essendo dotata di talento artistico. Compose anche inni, antifone e canti, raccolti sotto il titolo Symphonia Harmoniae Caelestium Revelationum (Sinfonia dell'armonia delle rivelazioni celesti), che venivano gioiosamente eseguiti nei suoi monasteri, diffondendo un'atmosfera di serenità, e che sono giunti anche a noi. Per lei, la creazione intera è una sinfonia dello Spirito Santo, che è in se stesso gioia e giubilo.
La popolarità di cui Ildegarda era circondata spingeva molte persone a interpellarla. Per questo motivo disponiamo di molte sue lettere. A lei si rivolgevano comunità monastiche maschili e femminili, vescovi e abati. Molte risposte restano valide anche per noi. Per esempio, a una comunità religiosa femminile Ildegarda scriveva così:  "La vita spirituale deve essere curata con molta dedizione. All'inizio la fatica è amara. Poiché esige la rinuncia all'estrosità, al piacere della carne e ad altre cose simili. Ma se si lascia affascinare dalla santità, un'anima santa troverà dolce e amorevole lo stesso disprezzo del mondo. Bisogna solo intelligentemente fare attenzione che l'anima non avvizzisca" (E. Gronau, Hildegard. Vita di una donna profetica alle origini dell'età moderna, Milano 1996, p. 402). E quando l'Imperatore Federico Barbarossa causò uno scisma ecclesiale opponendo ben tre antipapi al Papa legittimo Alessandro iii, Ildegarda, ispirata dalle sue visioni, non esitò a ricordargli che anch'egli, l'imperatore, era soggetto al giudizio di Dio. Con l'audacia che caratterizza ogni profeta, ella scrisse all'Imperatore queste parole da parte di Dio:  "Guai, guai a questa malvagia condotta degli empi che mi disprezzano! Presta ascolto, o re, se vuoi vivere! Altrimenti la mia spada ti trafiggerà!" (Ibid., p. 412).
Con l'autorità spirituale di cui era dotata, negli ultimi anni della sua vita Ildegarda si mise in viaggio, nonostante l'età avanzata e le condizioni disagevoli degli spostamenti, per parlare di Dio alla gente. Tutti l'ascoltavano volentieri, anche quando adoperava un tono severo:  la consideravano una messaggera mandata da Dio. Richiamava soprattutto le comunità monastiche e il clero a una vita conforme alla loro vocazione. In modo particolare, Ildegarda contrastò il movimento dei cátari tedeschi. Essi - cátari alla lettera significa "puri" - propugnavano una riforma radicale della Chiesa, soprattutto per combattere gli abusi del clero. Lei li rimproverò aspramente di voler sovvertire la natura stessa della Chiesa, ricordando loro che un vero rinnovamento della comunità ecclesiale non si ottiene tanto con il cambiamento delle strutture, quanto con un sincero spirito di penitenza e un cammino operoso di conversione. Questo è un messaggio che non dovremmo mai dimenticare. Invochiamo sempre lo Spirito Santo, affinché susciti nella Chiesa donne sante e coraggiose, come santa Ildegarda di Bingen, che, valorizzando i doni ricevuti da Dio, diano il loro prezioso e peculiare contributo per la crescita  spirituale  delle  nostre  comunità e della Chiesa nel nostro tempo.



LETTERA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II AL CARDINALE HERMANN VOLK, VESCOVO DI MAINZ, IN OCCASIONE DELL'800° ANNIVERSARIO

DELLA MORTE DI SANTA ILDEGARDA  


Luce del suo popolo e del suo tempo, santa Ildegarda di Bingen, splende più luminosa in questi giorni in cui si celebra l’ottocentesimo anniversario della sua dipartita da questo mondo, dalla cui malizia e dai cui peccati era lontana, ma che, spinta dall’amore di Cristo, beneficò con innumerevoli doni, per vivere nell’eternità presso Dio. Con animo lieto partecipiamo alla memoria di questo anniversario con tutti coloro che ammirano e venerano questa donna esemplare, e incarichiamo te, Venerabile Nostro Fratello, nella cui diocesi questa santa visse a lungo e morì, di essere interprete e nunzio dei Nostri sentimenti.

Non v’è chi ignora che la prima gloria della quale si orna questo fiore della Germania è la santità della vita: bambina di otto anni fu affidata alle monache per ricevere un’istruzione e presto ella stessa seguì la via della consacrazione a Dio, via che percorse con passione e fedeltà; riunì delle consorelle che avevano lo stesso intento e fondò nuovi monasteri fragranti del “buon odore di Cristo” (cf. 2 Cor 2, 15).

Dotata fin dalla tenera età di particolari doni superiori, santa Ildegarda si addentrò nei misteri che riguardavano la teologia, la medicina, la musica e le altre arti e lasciò numerosi scritti su tali arti e mise in luce il rapporto tra la redenzione e la creatura.

Amò la Chiesa in modo singolare: ardente di questo amore non esitò ad uscire dal monastero per incontrare come intrepida propugnatrice di verità e di pace i vescovi, le autorità civili, e lo stesso imperatore e non esitò a dialogare con moltitudini di uomini.

Lei che, sempre malferma nella salute fisica ma assai vigorosa nella forza spirituale e veramente “donna forte”, un tempo veniva chiamata “profetessa della Germania”, in questo anniversario sembra rivolgersi con passione ai Cristiani e non-Cristiani del suo popolo. La stessa vita e l’azione di questa insigne santa insegnano che l’unione con Dio e il compimento della volontà divina sono beni da desiderare grandemente, soprattutto per coloro che hanno scelto la strada della vocazione religiosa: proprio a questi ultimi voglio indirizzare le parole di santa Ildegarda: “Guardate e camminate sulla retta via” (S. Ildegarda, Epist. CXL: PL 197, 371).

I Cristiani si sentiranno incoraggiati a tradurre nella pratica della vita l’annuncio evangelico in questa nostra epoca. Inoltre questa maestra, ripiena di Dio, indica chiaramente che il mondo può essere retto e amministrato con giustizia solo se lo si considera creatura del Padre amoroso e provvido che è nei cieli. Infine con la sollecitudine che ha caratterizzato la sua opera di infaticabile ministra del Salvatore nei confronti delle necessità spirituali e materiali dei suoi contemporanei, indurrà gli uomini di buona volontà del nostro tempo ad aiutare i fratelli e le sorelle che si trovano in difficoltà.

Pregando con fervore Dio, perché da questa solenne commemorazione di santa Ildegarda si raccolgano abbondanti frutti spirituali, a te, Venerabile Nostro Fratello, agli altri Presuli, ai sacerdoti, ai fedeli, che affluiranno per venerare questa santa, impartiamo la Benedizione Apostolica, testimonianza del nostro affetto.



Vaticano, 8 settembre 1979, Primo del Nostro pontificato.  IOANNES PAULUS PP. II

La lingua insolita della mistica tedesca L'uomo sinfonico di Ildegarda di Bingen



di Marcello Filotei



Quasi quattrocento anni prima che Leonardo da Vinci disegnasse l'Uomo vitruviano, la celebre rappresentazione delle proporzioni ideali del corpo umano che dimostra come esso possa essere armoniosamente iscritto nelle figure del cerchio e del quadrato, Hildegard von Bingen aveva ipotizzato l'esistenza dell'uomo sinfonico. 

Quello che per Leonardo sarà la geometria, per la santa erano la musica e la poesia. L'anima umana, infatti, per Hildegard è composta di diversi elementi che vanno accordati, armonizzati e si fondono in una sorta di sinfonia, intesa come un tutto coerente. Questa unione si esprime sia nel rapporto armonioso tra mente e corpo, sia nello stesso atto del comporre. La musica è per Hildegard terrestre e celeste al tempo stesso:  fatta con mezzi umani per evocare, almeno per un momento, la consonanza celeste.

Fino all'età di quarant'anni, però, la santa non se l'è sentita di scrivere poesia liturgica e musica. Ma gli sono bastati pochi anni di attività per ottenere i primi riconoscimenti. Poco più di un diecennio dopo l'inizio della sua "carriera artistica", arrivarono infatti i primi apprezzamenti:  fu un magister parigino di nome Odo a lodare nel 1148 l'originalità delle sue canzoni.

E infatti nella lirica europea del medioevo Hildegard parla una lingua insolita. Evidentemente conosce bene il linguaggio figurato dell'amore mistico, ma usa anche relazioni simboliche create dai Padri della Chiesa e abbonda in metafore per conferire i tratti di sposa dell'Agnello di Dio tanto all'Ecclesia quanto a una vergine martire.

Il punto di partenza del suo pensiero teologico, e quindi poetico e musicale, è quello di vedere in Maria la redentrice della colpa di Eva. Lavorando sulle immagini correlate a questo concetto crea andamenti rapsodici, utile strumento per abbandonarsi alle gioie della libertà poetica. Non si preoccupa troppo di rispettare le rigide forme del linguaggio tradizionale, ma si lascia affascinare da audaci metafore, in particolare usa insistentemente la forma retorica dell'anafora, ripetendo l'inizio di frasi con ipnotica insistenza. Abbonda in superlativi ed esclamazioni, la santa, ma tutto è sempre giocato sul filo del simbolismo:  patriarchi e profeti appaiono come radici di un frutteto fecondo.

Il suo linguaggio musicale e poetico fa volentieri ricorso a effetti particolari quando non apertamente violenti, rifiutando gli stilemi levigati in voga tra i suoi contemporanei. Questo gli consente di garantire una certa autonomia della musica rispetto al testo, che è sempre portante, ma non è l'unica fonte dalla quale si deduce l'andamento melodico. Ed è anche per questo che Hildegard ha scritto anche composizioni strumentali. Sempre pronta a lodare Dio con l'arpa dalla profonda sottomissione e con la cetra dal canto dolce come il miele, con lo strumento a corda della redenzione dell'umanità e con la cennamella della protezione divina (cfr. Scivias, 13, iii, commento al salmo 150).

Irriverente tanto da affrontare direttamente un imperatore, non rinunciò a sottolineare il ruolo fondamentale della donna nella Chiesa e nella sua raccolta Symphonia harmoniae caelestium revelationum, nella quale si accenna già dal titolo all'origine divina della sua ispirazione, i canti dedicati alle grandi figure del pantheon cristiano riservano una particolare attenzione alle figure femminili, tra le quali spiccano la Vergine Maria e sant'Orsola.

La visione di Hildegard era a tutto tondo, come capitava spesso nel medioevo, fede e poesia erano le due facce della stessa medaglia, la musica il collante necessario.




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