"Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto."

"Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto."
Edward Hopper Sole del mattino

martedì 13 dicembre 2011

Santa Lucia “La cchiù longa nuttata chi ci sia”

tratto liberamente da La carità di Santa Lucia di Giorgio Vittadini


Come Santa Lucia vogliamo mettere in gioco qualcosa di noi stessi, o meglio, tutto noi stessi. Riemerge così il desiderio che anche quel che è più nostro non sia solo per il nostro tornaconto, ma per il bene di tutti.
In questa giornata si apre il periodo del lento incremento della luce diurna e annuncia la fine dell’oscurità invernale. I più sanno che, seguendo una tradizione medioevale, nella notte di Santa Lucia, i bambini che li avranno meritati riceveranno dei doni. Meno noto ormai è il fatto che questa tradizione trova origine nel particolare martirio di Santa Lucia, avvenuto a Siracusa sotto Diocleziano e dovuto alla sua conversione al cristianesimo che la portò alla decisione di consacrarsi dopo aver convinto la madre, assai facoltosa, a devolvere tutti i beni di famiglia ai poveri. La decisione fece infuriare il promesso sposo di Lucia e i governanti di Siracusa che fecero decapitare la futura Santa. Morì martire il 13 Dicembre 304 e divenne presto Santa e Patrona di Siracusa. La leggenda vuole che, durante la tortura si sia strappata gli occhi, e per questo viene raffigurata spesso nell’iconografia con una tazza in mano, in cui ci sono i suoi occhi. Per questo motivo viene considerata dai devoti la protettrice degli occhi.
Nel tempo nacque la tradizione di legare alla sua memoria il gesto dei regali ai bambini in una giornata dedicata alla gratuità. Come purtroppo spesso avviene, la festa viene vissuta senza grandi richiami al suo significato […]
Ma il modo migliore per capire e insegnare ai bambini la gratuità è accorgersi che tutto è un dono: la vita che non ci siamo dati, la salute che non è ultimamente nelle nostre mani, l'intelligenza con cui ci muoviamo nella realtà, gli affetti, l'educazione, l'istruzione, il lavoro, il benessere più o meno grande di cui godiamo... Allora, prendere coscienza di essere donati a noi stessi ci cambia. Scopriamo che sotto l'egoismo, la cattiveria, il lamento, che non ci sono certo estranei, più grande e più potente permane in noi un cuore fatto di desiderio di bontà, giustizia, verità, che chiede solo di essere ridestato... Così, ci muoviamo per sopperire al bisogno di altri, a esempio, partendo per il Terzo Mondo, come molti missionari; oppure dando vita a opere di carità nei più svariati campi, come mostra la storia delle nostre città; o, molto più semplicemente, dando un po' dei nostri soldi a qualcuno impegnato in queste imprese. Ma, commossi nel profondo, quando torniamo alle nostre attività quotidiane, non ci muoviamo più come prima.

Soprattutto in momenti di crisi come questo, si capisce che non è giusto attribuire la responsabilità di cambiare innanzitutto agli altri, alla politica, alla finanza, ai potenti. Si ricomincia a capire che dobbiamo vivere quotidianamente di vera carità, di dono di noi stessi, di desiderio di bene anche nella vita e negli interessi quotidiani. Così, come recita un recente volantino di Cl dal titolo "La crisi sfida per una cambiamento", si riscopre che questo desiderio di bene di nuovo in azione è il più potente fattore che fa rinascere ingegno, conoscenza, creatività, forza di aggregazione, speranza, nuova e più solida capacità di costruzione.
A Palermo, in questo giorno in cui si celebra la Vergine siracusana, si ricorda un antico avvenimento, che la Santa implorata dai palermitani esaudì facendo arrivare nel porto un bastimento carico di grano. I palermitani stretti nella morsa della fame da diversi mesi di carestia, non molirono il grano per farne farina, ma lo bollirono, per sfamarsi in minor tempo, aggiungendogli soltanto un filo d’olio, creando così la “cuccia”.
Da quella volta i palermitani ogni anno per devozione ricordano solennemente l’evento, rigorosamente (o meno) ricorrono all’astensione per l’intera giornata dal consumare farinacei, sia pane che pasta, si preferisce mangiare riso, legumi e verdure, ovvero "arancine" imbottite di vari gusti. 

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