Che sfida lancia alla fede questo contesto culturale? Diciamolo con chiarezza: non è possibile credere a qualcosa che non sia ragionevole. Se la fede non fosse ragionevole finirebbe confinata nel mondo della devozione e delle credenze per poi venire abbandonata come una cianfrusaglia inutile.
In un tale contesto, il ruolo della famiglia cristiana è decisivo.
È il contesto familiare il luogo in cui il bambino viene introdotto alla realtà. Se una madre si sorprende davanti alle cose più quotidiane, come la presenza di suo marito o una notte stellata, suo figlio imparerà a riconoscere la realtà come segno e non si arresterà alla superficie. L’ipotesi di Dio si farà strada nella sua vita.
Se vivendo la bellezza del Cristianesimo dentro la Chiesa un padre e una madre si perdonano davanti ai figli, se il loro affetto reciproco cresce nel tempo, allora il loro bambino imparerà che Cristo ha a che vedere con l’affetto. Se un padre concepisce il lavoro come una vocazione e non come qualcosa da sopportare, se la casa è un luogo aperto nel quale entrano ed escono persone contente perché hanno incontrato Cristo, allora il bambino capirà che la fede ha a che fare con il mondo intero. Potrà rispondere affermativamente alla domanda di Dostoevskij.
Icona della Trasfigurazione realizzata da Giovanni Caronia
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