"Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto."

"Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto."
Edward Hopper Sole del mattino

lunedì 16 aprile 2012

oggi festeggiamo gli 85 anni di Papa Benedetto XVI

“Il Concilio Vaticano II di fronte al pensiero moderno” (20.XI.1961)*


 1. Il primo è l’esperienza dell’unità del genere umano. L’avvicinamento delle distanze, e lo standard di vita, diffuso in tutto il mondo, hanno dato all’umanità una fisionomia nuova, cioè, quella del progresso tecnico di stampo europeo-americano.
Ciò facilita la missione universale (perciò cattolica) della Chiesa, ma le impone il dovere – per essere capita dall’odierna civiltà tecnica – di usarne lo stesso linguaggio, svuotandolo del suo sfondo materialistico, per diffondere il messaggio cristiano. L’esperienza negativa delle due guerre mondiali ha introdotto nei popoli non cristiani una sfiducia verso la civiltà cristiana e occidentale. Ora, mentre questo porta ad un più grande rispetto per l’eredità spirituale di ciascun popolo, offre alla Chiesa ulteriori possibilità per il suo universalismo: non appartenendo ad alcun popolo, essa può adempiere più efficacemente la sua missione di pace, che fonde tutti i popoli in una superiore unità, e può tuttavia rimanere aperta alle esigenze dei singoli popoli. Di qui nascono interessanti applicazioni sia nel campo della liturgia, che deve essere compresa da tutti i popoli, sia quanto all’autorità episcopale, che universalizza i dati particolaristici alla luce dell’universalità, che fa capo a Roma.

2. Un altro elemento della civiltà odierna è l’esperienza tecnica, che ha modificato profondamente i rapporti dell’uomo con la natura, opera di Dio, ed ha dato al mondo un carattere profano, sfociato in un nuovo paganesimo. Compito della Chiesa sarà dunque “di esporre nuovamente il suo fondamentale diritto all’uomo, e di farlo comprendere in forma nuova”.L’osservazione seguente precisa in che modo.

3. Altra caratteristica è la fede nella scienza. Si cerca di spiegare scientificamente tutto, anche le relazioni umane più intime (Rapporto Kinsey), e il comportamento di fronte alla colpa (psicanalisi). Ora, nonostante ciò, l’uomo rimane sempre il grande abisso, che nessuna spiegazione scientifica può sondare, col suo dolore, l’amore, con l’aspirazione all’infinito e a Dio. L’uomo, nonostante tutto, oggi si sente solo, ed ha bisogno di chi gli insegni di nuovo a capire “il linguaggio delle sue solitudini”. In questo formidabile compito, la Chiesa deve guidare l’uomo a questa riscoperta, magari svecchiando alcune sue forme, diventando più sobria nella sostanza e nella forma.

4. L’ultimo carattere del mondo odierno è dato dalle ideologie, cioè quei sistemi di pensiero (specialmente liberalismo e marxismo), che nelle masse hanno preso il posto della fede e della religione, perché offrono una spiegazione del mondo senza esigere un’adesione a realtà trascendenti. Con tutti i loro errori, il trionfo delle ideologie spiega l’aspirazione dell’uomo di oggi verso qualcosa di valido. Compito della Chiesa sarà di scoprire sotto le ideologie i valori eterni (e verità impazzite), e metterli al giusto posto, perché l’uomo ritrovi la sua fiducia in lei. Poiché il marxismo è una ideologia della speranza, di una giustizia terrena più profonda, spetta alla Chiesa di presentare in nuova luce la salvezza che in Cristo è offerta all’umanità, non solo per la vita eterna, ma anche in ordine a quella di quaggiù. Il liberalismo ha poi un rispetto geloso della libertà, e ciò ha reso molto sensibile l’uomo di oggi: bisogna quindi ridargli la fiducia che, aderendo alla Chiesa, egli non perde la sua autonomia, e che la sua ricerca della verità ne viene guidata e potenziata (Nuovo Cittadino, Genova, 21.IX.1961- Testo completo in Edizioni Columbianum, Genova).

*Storia di una nota storica poco conosciuta
Nel corso del 2012, in previsione dell’inizio dell’Anno della fede annunciato da Benedetto XVI, farà bene a tutti soffermarsi su una nota storica poco conosciuta. Nell’imminenza del Concilio, il card. Giuseppe Siri invitò il card. Joseph Frings, arciv. di Colonia, a tenere una lezione a Genova sul tema: “Il Concilio Vaticano II di fronte al pensiero moderno” (20.XI.1961). Sopraffatto dagli impegni, l’anziano cardinale chiese l’aiuto al prof. Joseph Ratzinger, teologo di sua fiducia, il quale preparò un testo «che poteva apparire, rivoluzionario no, ma certo un po’audace». Papa Giovanni lo lesse e in una successiva udienza abbracciò il cardinale Frings e gli disse: «Proprio queste erano le mie intenzioni nell’indire il Concilio».

dal sito Koinonia Forum 301 31 marzo 2012




Un papa raro: con "sense of humour"

Il 16 aprile 2012 Benedetto XVI compie 85 anni. E tre giorni dopo compie sette anni di pontificato. Uno scrittore ne traccia un profilo. A sorpresa

di Andrea Monda













"La gioia profonda del cuore
è anche il vero presupposto dello 'humour';
e così lo 'humour',
sotto un certo aspetto,
è un indice,
un barometro della fede".

(Benedetto XVI)

*

Non ho fatto un esame accurato, ma sono pronto a scommettere che se si analizzassero le ricorrenze verbali all'interno dei testi di Benedetto XVI, la parola più presente sarebbe “gioia”.

Partiamo da una delle tantissime sue affermazioni sull'importanza, per il cristiano, della gioia e proviamo ad applicarla a questo papa che si presentò appena eletto come "umile lavoratore nella vigna del Signore". È una frase tratta dal libro-intervista "Luce del mondo" e, posta quasi in apertura, suona categorica:

“Tutta la mia vita è sempre stata attraversata da un filo conduttore, questo: il cristianesimo dà gioia, allarga gli orizzonti. In definitiva un'esistenza vissuta sempre e soltanto 'contro' sarebbe insopportabile”.

Primo punto: gioia e ragione sono collegati. E il collegamento si trova in questa strana religione che “allarga gli orizzonti”. Scriveva Gilbert K. Chesterton parlando della sua conversione: “Diventare cattolici allarga la mente” e, più avanti: “Diventare cattolici non significa smettere di pensare, ma imparare a farlo”.

Secondo punto, a sorpresa: ci eravamo forse abituati all'idea di un papa rivoluzionario, di un papa "contro”, ed ecco che arriva subito la smentita, perché non si può vivere “sempre e soltanto 'contro'”.

Ovviamente la contrapposizione è solo apparente. Nella stessa frase, più avanti, infatti il papa precisa: “Ma allo stesso tempo ho sempre avuto presente, anche se in misura diversa, che il Vangelo si trova in opposizione a costellazioni potenti. […] Sopportare attacchi e opporre resistenza quindi fa parte del gioco; è una resistenza, però tesa a mettere in luce ciò che vi è di positivo”.

Resistenza, dunque, che vuol dire abbandono di ogni rassegnazione, lamento o risentimento, e cammino di ricerca paziente e tenace di “ciò che vi è di positivo”, di quella bontà che è nascosta nelle pieghe della storia degli uomini. È questo il coraggio di Benedetto, il coraggio della gioia:

“La gioia semplice, genuina, è divenuta più rara. La gioia è oggi in certo qual modo sempre più carica di ipoteche morali e ideologiche. […] Il mondo non diventa migliore se privato della gioia, il mondo ha bisogno di persone che scoprono il bene, che sono capaci di provare gioia per esso e che in questo modo ricevono anche lo stimolo e il coraggio di fare il bene. […] Abbiamo bisogno di quella fiducia originaria che, ultimamente, solo la fede può dare. Che, alla fine, il mondo è buono, che Dio c'è ed è buono. Da qui deriva anche il coraggio della gioia, che diventa a sua volta impegno perché anche gli altri possano gioire e ricevere il lieto annuncio”.

Umiltà vuol dire coraggio, il coraggio della gioia.

Gioia e umiltà progrediscono o regrediscono di pari passo. Lo aveva ben colto Chesterton nel suo breve ma denso saggio del 1901 sull'umiltà:

“Secondo la nuova filosofia dell'autostima e dell'autoaffermazione, l'umiltà è un vizio. […] Essa accompagna ogni grande gioia della vita con la precisione di un orologio. Nessuno per esempio è mai stato innamorato senza abbandonarsi a una vera e propria orgia di umiltà. […] Se oggi l'umiltà è stata screditata come virtù, non sarà del tutto superfluo osservare che questo discredito coincide con il grande regresso della gioia nella letteratura e nella filosofia contemporanee. […] Quando siamo genuinamente felici pensiamo di non meritare la felicità. Ma quando pretendiamo un'emancipazione divina, sembriamo avere la certezza assoluta di non meritare nulla”.

Gioia e umiltà, quindi. Le due stanno o cadono insieme. Manca un piccolo tassello intermedio che però è molto presente nell'uomo e nel papa bavarese: l'umorismo.

Gioia e umorismo sono per Benedetto XVI strettamente collegati. Scrive a conclusione del suo saggio di teologia dogmatica “Il Dio di Gesù Cristo”:

”Una delle regole fondamentali per il discernimento degli spiriti potrebbe essere dunque la seguente: dove manca la gioia, dove l'umorismo muore, qui non c'è nemmeno lo Spirito Santo, lo Spirito di Gesù Cristo. E viceversa: la gioia è un segno della grazia. Chi è profondamente sereno, chi ha sofferto senza per questo perdere la gioia, costui non è lontano dal Dio del Vangelo, dallo Spirito di Dio, che è lo Spirito della gioia eterna”.

Diceva Jacques Maritain che una società che perde il senso dell'umorismo si prepara il suo funerale.

Umorismo come via per la gioia; il "sense of humour" come modo divertente (nel senso più sano del termine) di vivere la vita, partendo dal punto fondamentale: l'essenza del cristianesimo è la gioia. Per dirla con Chesterton, maestro di umorismo, “la gioia è il gigantesco segreto del cristiano”. Scrive Benedetto XVI in "Il sale della terra":

“La fede dà la gioia. Se Dio non è qui, il mondo è una desolazione, e tutto diventa noioso, ogni cosa è del tutto insufficiente. […] L'elemento costitutivo del cristianesimo è la gioia. Gioia non nel senso di un divertimento superficiale, il cui sfondo può anche essere la disperazione”.

Se il mondo volta le spalle a Dio, ci dice il papa-teologo ex prefetto dell'ex Sant'Uffizio, non si condanna alla falsità, alla bestemmia e neanche all'eresia, ma alla noia. Viene in mente la battuta di Clive S. Lewis pronunciata quando ancora non si era convertito dall'ateismo al cristianesimo: “I cristiani hanno torto, ma tutti gli altri sono noiosi”.

dal sito chiesa.espressonline

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