«Ciò a cui stiamo assistendo non è la crisi, bensì la crisi della crisi e cioè la nevrosi. Non temessi di riuscire paradossale e brillante, direi infatti che è proprio la crisi che è in crisi; evade cioè dalla sfera che le è propria, dalla morale, dalla coscienza critica, abdica, demanda frettolosamente alla bruta fenomenologia del reale ogni potere, le lascia ogni facoltà di imposizione. Tutti i sintomi della nevrosi si possono riassumere, mi pare, in una grave perdita di concretezza: i gesti che suggerisce peccano di astrazione, mancano di mordente e di presa proprio mentre traducono l’ansia di afferrare risolutamente e definitivamente, senza più gerarchia perché senza più centro, i termini del problema. Spara a bruciapelo su ogni parvenza o ombra, temendo gli scappi la preda».
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